Sopravvivenza Asperger in un mondo configurato per neurotipici (I)

Manuela Ferrari



La socializzazione neuronormativa è chiassosa: è organizzata, spesso, in luoghi affollati, carichi di luci, colori, rumori, odori che possono provocare ad una persona autistica un sovraccarico sensoriale e fomentare ansia sociale. Spesso, quindi, le persone autistiche non frequentano contesti sociali perché la socializzazione diventa estenuante e servono diverse ore o giorni per riprendersi, fisicamente e mentalmente.
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Pare che gli unici canali di socializzazione accettati siano feste, concerti, locali, mentre tutto il resto pare rientri in una tipologia socialmente categorizzata come “sfigata”. Spesso mi sento esclusa da eventi LGBT+, esistono solo concerti, feste, spettacoli affollati che non facilitano l’ingresso in un gruppo da parte di una persona che non conosce nessuno del gruppo già pre-esistente. Perché non si organizzano eventi queer di cucito o ricamo? Di permacultura? Di dibattito ecologico? Di letteratura queer? Di lavorazione del legno? Di pittura? Di disegno? Etc.
Spesso sono incappata in “non detti”, in “sottintesi”, in “ma io intendevo un’altra cosa”, tutte cose per me terrificanti, che mi impauriscono e causano uno stato di confusione molto lesivo e mi scoraggiano ancora di più nel tentare la socializzazione.
Sono inciampata io stessa in mie difficoltà nel riconoscere i miei sentimenti, ciò che provavo, come stavo davvero (sono anche alessetimica, che significa avere difficoltà nel riconoscere i propri stati d’animo o sentimenti); non ero minimamente in grado di rispondere, non ero in grado di spiegare, e credo che questa sia la cosa più difficile da far comprendere ad un altro essere umano.

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