Post

SOPRAVVIVENZA ASPERGER IN UN MONDO CONFIGURATO PER NEUROTIPICI

Immagine
La socializzazione neuronormativa é chiassosa: é organizzata, spesso, in luoghi affollati, carichi di luci, colori, rumori, odori che possono provocare ad una persona autistica un sovraccarico sensoriale e fomentare ansia sociale. Spesso, quindi, le persone autistiche non frequentano contesti sociali perché la socializzazione diventa estenuante e servono diverse ore o giorni per riprendersi, fisicamente e mentalmente. Pare che gli unici canali di socializzazione accettati, siano feste, concerti, locali, tutto il resto pare rientri in una tipologia socialmente categorizzata come "sfigata". Spesso mi sento esclusa da eventi LGBT*, esistono solo concerti, feste, spettacoli affollati che non facilitano l'ingresso in un gruppo da parte di una persona che non conosce nessuno del gruppo giá pre-esistente. Perché non si organizzano eventi queer di cucito o ricamo? Di permacultura? Di dibattiti ecologico? Di letteratura queer? Di lavorazione del legno? Di pittura? Di disegno? Etc.

AUTISM ACCEPTANCE DAY by Caterina

Il 2 aprile ricorre l'Autism Acceptance Day. Il 18 ottobre 2019 ho ricevuto diagnosi ufficiale di Autismo, livello 1 (ex. Sindrome di Asperger). Sebbene rientri nel DSM, al momento si sta fortunatamente diffondendo una prospettiva depatologizzante dell'autismo, inquadrata come variante neurobiologica rispetto ad una presunta "norma". Autismo come neurodiversità e caratteristica intrinseca dell'individuo, non come malattia da cui guarire. Da qualche anno, le persone autistiche stanno facendo sentire la loro voce, si fanno loro stesse fautrici della narrazione dell'autismo. Hanno ridisegnato il simbolo dell'autismo, rifiutando "il pezzo di puzzle mancante" e il blu della dannosa associazione Autism Speaks: l'infinito, coi colori dell'arcobaleno (vedasi immagine allegata), a rappresentare il concetto principale della teoria neuroqueer, che racchiude in sé sia l'intersezionalità (frequente) tra identità di genere non conforme, orientament

"C.A.G.N.A, T.R.O.I.A., Z.O.C.C.O.L.A: E SE NON FOSSERO INSULTI?

Immagine
Infatti non lo sono. A meno di non attribuirgli un potere e una valenza che per una donna libera non hanno ragion d'essere. A tale proposito Maria Galindo scrive: " L'insulto è una forma di violenza psicologica che per espletarsi ha bisogno di avere un effetto negativo su di te. Insultarti è un atto politico di potere per paralizzarti; ridere dell'insulto è un atto politico per affermare la tua libertà". C'è una diffusa, ipnotica convinzione collettiva che permette di rendere offensive certe espressioni, certe parole il cui significato intrinseco dice tutt'altro. Cosa intende il popolino sgherro della morale pubblica quando usa certi appellativi? È semplice: li brandisce per linciare una donna che afferma sè stessa, la sua sessualità e/o sensualità. Liberamente e consapevolmente. E per il popolino della "decenza femminile" non c'è onta più grave per una donna di quella di essere libera. Libera da ruoli imposti, da costumi e norme patriarcali,

PER TUTTI GLI ANNI DI SILENZIO

Immagine
 Per tutti gli anni di silenzio, Per aver creduto alla narrazione della mia indegnità,  Per avere provato vergogna,  Per avere pagato la polizia,  Per avere mentito alla mia famiglia  Per averla tenuta all'oscuro,  Per tutte le colpe che mi sono accollata,  Per avere creduto di non valere niente,  Per essermi offesa quando mi chiamarono Putt@n@, Per avere nascosto la mia vera identità,  Per essere caduta nella trappola pensando che la cosa migliore fosse cambiare mestiere,  Per avere messo in dubbio le mie decisioni,  Per avere lasciato che per troppo tempo altrə parlassero per noi e definissero la politica senza di noi.  Per tutto questo oggi rivendico la "putería" come risposta a tutto, non rinnego il lavoro sessuale, che mi diede e mi dà da mangiare.  La prostituzione mi ha dato autonomia, alti e bassi, allegria però senza dubbio c'è stato, mentre altrə ci offrivano solo clandestinità e criminalizzazione perché non ci adattiamo ai loro standard dellə buonə, dellə d

COSA È L'ORGOGLIO DELLƏ PUTT@NƏ

Immagine
 COSA È L'ORGOGLIO DELLƏ PUTT@NƏ ☂️ È sapere che nessuno ha il diritto di trattarci male per essere lavoratricə sessuali: non unə cliente, non lə nostrə partner, non unə amicə, non un professionista della salute, assistentə sociale, avvocatə, giudicə... NESSUNO  ☂️ È sapere che nessuno ha il diritto di giudicarci per essere lavoratricə sessuali. Chi desidera parlare di noi cominci a camminare sui nostri tacchi  ☂️ È sapere che non stiamo facendo niente di sbagliato per essere lavoratricə sessuali, né abbiamo nessun problema. Molte persone hanno avuto vite difficili: il nostro lavoro non è la conseguenza di un trauma. È un LAVORO. ☂️ È sapere che non abbiamo niente di cui vergognarci per essere lavoratricə sessuali. ☂️ È sapere che nessuno ha il diritto di parlarci con pietà o condiscendenza: non siamo vittime ma persone consapevoli e che hanno preso le loro decisioni, anche se non tuttə lo comprendono ☂️ È sapere che continuiamo a essere persone molto valide, capaci di conseguire t

DDL Zan, manifestazioni e autismo: essere autistici ed essere stufi di essere esclusx dagli spazi queer (ma non solo quelli).

Immagine
 Credit foto: @sibillarte DDL Zan, manifestazioni e autismo: essere autistici ed essere stufi di essere esclusx dagli spazi queer (ma non solo quelli). - Manifestanti a favore del DDL Zan caricatx dalla polizia a Milano. È preoccupante, ma molto! - Il DDL Zan riguarda ed include anche l'abilismo MA le manifestazioni e le piazze in supporto del DDL Zan non erano accessibili ed inclusive ad esempio nei confronti di neurodiversitá (autismo, ADHD, dis---epilessia.. etc). Questa cosa accade da anni, in una società portata e abituata a minimizzare i problemi ogni volta che una persona autistica dice "puoi abbassare il volume?" "Possiamo spegnere le luci?" "Possiamo andare in un posto piú tranquillo?" Etc. (Perché le richieste sono svariate essendo tuttx diversx). La societá minimizza, la societá non crede, la societá beffeggia la richiesta o le richieste perché non si capisce cosa prova, spesso la societá crede che siano "banali fastidi", o "s

Per l'autismo si chiama ABA , per la comunitá LGBT si chiama "conversion therapy".

Immagine
Ivar Lovaas è l'ideatore della "terapia di conversione gay" e della "terapia di conversione autistica". Le tecniche che ha sviluppato e applicato sono oggi conosciute come Applied Behavior Analysis (ABA). L'ABA costituisce ancora il "gold standard" per il "trattamento dell'autismo". Questo spiega perché l'attivismo per i diritti autistici e l'attivismo per i diritti della neurodiversità sono così importanti. Talvolta le tecniche ABA vengono applicate sotto diversi marchi per oscurare la connessione alla "terapia di conversione gay". La citazione seguente cattura l'essenza della teoria di Ivar Lovaas: “Vedi, inizi praticamente da zero quando lavori con un bambino autistico. Hai una persona in senso fisico - hanno capelli, naso e bocca - ma non sono persone in senso psicologico. Un modo per aiutare i bambini autistici è vederli come una una persona da costruire. Hai le materie prime, ma devi costruire la persona.”