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Visualizzazione dei post da marzo, 2021
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 Quattro anni fa ho dovuto prendere per la seconda volta la decisione più difficile della mia vita: se continuare o no una gravidanza. La prima volta era stato dieci anni prima, quando avevo dovuto decidere la stessa cosa. In quel momento avevo de ciso di abortire e avevo (avevamo) potuto trovare i soldi per pagarlo. Quattro anni fa ho deciso di essere madre e con tale decisione è venuta un'ondata enorme di abbondanza, e anche di frustrazioni, e soprattutto di decostruzione: un punto di vista politico e sociale sul ruolo materno. Tutti i giorni mi chiedo che cosa penso e sento a proposito dell'aborto, e tutti i giorni mi chiedo che cosa penso e sento a proposito della maternità. Entrambe le domande mi portano allo stesso punto: oggigiorno, allo stato attuale delle cose, la maternità è un ruolo su cui generalmente ricadono tutti gli sguardi pubblici che ci giudicano come gestanti, educatrici, formatrici di futurx soggettx politicx. Ciononostante, al momento di esercitare la mate

Circa il 60% Delle persone autistiche appartiene alla comunitá LGBT" saperlo non basta.

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  "Circa il 60% Delle persone autistiche appartiene alla comunitá LGBT" saperlo non basta. A breve sarà aprile, sarà il mese dedicato a ció che viene definito "visibilità sull'autismo" o comunque in inglese lo chiamano "awareness" che equivale a consapevolezza. Mi rendo conto che vivo in una società che non conosce l'autismo e se lo conosce è in modo riduttivo, stereotipato, quello che passano i media mainstream. L'autismo è uno spettro e ho sempre creduto al fatto che ognunx debba essere liberx di raccontare la propria esperienza, ma soprattutto che sia messx in condizioni di poterlo fare. Quello che mi perplime è che la consapevolezza, ergo sapere che l'autismo esiste, non è sufficiente. Non puó essere sufficiente pensare "si da ricerche risulta che circa il 60% delle persone autistiche hanno un identitá di genere o orientamento sessuale non etero non cis, bene mi basta questo". No, non basta questo e non basta perché credo che

Donna divorziata: i commenti e gli stigmi che ho sempre combattuto.

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  Questa è una testimonianza particolare, scrive mia figlia sotto dettatura perché io non riesco ho dei deficit che me lo impediscono. Negli anni 90' Milano era una città difficile, non che ora non lo sia, ma essere madre separata con una figlia portava tanti sguardi indiscreti, esclusioni e ostracismo. Poi, lavoravo full-time, chissá come avrei cresciuto mia figlia con il padre che viveva in un'altra regione, per altro totalmente assente e per nulla partecipativo. Mia figlia la escludevano a scuola, non la invitavano mai a nessuna festa per "colpa mia"; perché ero una donna separata, una donna ingrata che non era neanche stata in grado di tenersi un marito. Si proprio cosí, una frase che mi è stata detta piú e piú volte, in ufficio, in famiglia, dai genitori dexx compagnx di classe di mia figlia.  La preoccupazione principale delle persone era: "chissá come avrei cresciuto una bambina senza un uomo al mio fianco, chissá come sarebbe diventata, sicuramente una di