Conflitti relazionali e ottica binaria: quando si affrontano i conflitti senza mettersi in discussione.

 Conflitti relazionali e ottica binaria: quando si affrontano i conflitti senza mettersi in discussione.




Il consenso, in teoria, andrebbe applicato in qualsiasi ambito, non solo quello sessuale. Credere che il consenso sia unicamente rilegato ad una sfera sessuale, ci impedisce di vedere le altrettante violazioni che possono accadere in contesti quotidiani.


Cos'è il consenso?

La definizione, da dizionario, di consenso è il permesso di fare qualcosa o essere d'accordo sul fare qualcosa.


Spessissimo in ambiti relazionali durante i conflitti si applica il veto di rispondere o comunque non si discutono neanche le motivazioni del litigio, lasciando conflitti a metà, cose mai discusse, posizioni prese ancora prima di discutere cosa porta al disaccordo. 


Il disaccordo viene anche visto come "la fine", ma purtroppo non è un disaccordo a far terminare le relazioni, semmai è la non accettazione che non si puó andare sempre d'accordo, come la non-accettazione che tuttx noi abbiamo atteggiamenti di merda, perché non siamo perfettx.

Probabilmente, non esistono rapporti sani se non vi è volontà di collaborare e discutere assieme.

Generalmente, si puó iniziare una discussione/conflitto utilizzando le seguenti espressioni: "mi sembra", "percepisco", "se", "ho l'impressione", "mi pare", queste non sono accuse ma sono espressioni utilizzate per aprire un dialogo e/o confronto basandosi su patterns ripetitivi osservati e che causano, evidentemente, una reazione preoccupante o perplessità; in alcuni casi, peró, anche utilizzando queste espressioni, la reazione delle persone è immediatamente difensiva (come se fossimo in guerra), e volta a spostare il focus della conversazione dal problema esposto, al modo in cui una persona espone il problema, metodo spesso utilizzato per non prendersi responsabilitá delle proprie azioni, ma semmai utilizzato per stigmatizzare emozioni negative delxxx altrx. Non è altro che non discutere cosa ti è lesivo ma anzi spostare il focus su come reagisci a ció che ti è lesivo, e questo secondo me è preoccupante, nonché mancato ascolto e rasenta una forma di gaslighting.

Per fare un esempio:


A: "mi sembra osservando che tu stia facendo xyz, e a me xyz credo che mi causi trigger etc..."


B: "allora significa che sei (aggiungete qualsiasi aggettivo volto a giudicare/stigmatizzare il sentire di una persona)"


In questo caso, è possibile osservare come A stia esprimendo il problema, e come B sia solamente preoccupatx di spostare il focus su come A reagisce, ignorando totalmente le proprie azioni, ergo non le mette neanche in discussione.


Specifico che stiamo parlando di zone grigie relazionali, non stiamo parlando di stupri, nè violenza domestica. Per zone grigie si includono anche quelle situazioni relazionali in cui le persone si accusano a vicenda di malfatte (e sono numerosi i casi) e spesso si affronta il conflitto con la mentalità del "devo vincere a tutti i costi per uscirne a culo pulito", silenziando le persone.


In questi casi ci e vi poniamo un quesito: 

se la tua libertà finisce dove inizia la mia, perché non sono liberx di dire tutto quello che penso in merito al conflitto in essere e devo rispettare il tuo veto comunicativo, quando questo veto intacca la mia libertá d'espressione, reprimendomi e causandomi problemi? 


Se non rispetto il tuo veto saró unx abuser, se lo rispetto no (questa è l'ideologia, inutile negarlo). 

Vietare ad una persona di rispondere potrebbe equivalere ad una dinamica di potere, perché sostanzialmente io che ti vieto di rispondere ti sto mettendo a tacere, peró pare sia lecito, forse è lecito in quei conflitti o confronti o litigi che si affrontano con un ottica binaria del "devo vincere a tutti i costi".

(Non stiamo parlando di problematiche giá esposte e discusse, questa sarebbe esasperazione; stiamo proprio parlando di situazioni in cui manca proprio la discussione dei problemi, perché le persone si sottraggono al confronto o prendono posizioni ancora prima di aver discusso assieme le problematiche, basandosi anche solo su percezioni, non verificate).


Voi penserete: è giusto rispettare che le persone non vogliano sottoporsi ad un conflitto, che non vogliano confrontarsi e che non vogliano sentire certe argomentazioni perché le ritengono per loro lesive, insomma la loro necessitá è porre un veto comunicativo. 

Indubbiamente è lecito, peró dall'altra parte esistono anche persone che, invece, hanno necessitá di esprimere le cose, perché non esprimendole ritengono la repressione altrettanto lesiva per loro. 

Quindi, come si fa?


A questo punto, ci e vi poniamo le seguenti domande: 

Come si gestisce un conflitto? 

Perché non lo si affronta? 

La non-socializzazione in cui cresciamo, che negativizza l'esposizione dei sentimenti, influisce sulla capacitá gestionali del conflitto? 

La percezione viene influenzata da esperienze passate e puó essere utilizzata come metodo per prevaricare l'intenzionalità altrui?

Perché, spesso, vale solo la necessitá di una persona, per altro in modo prevaricante?



Premetto che ho dei limiti, alcuni rigidi, altri medi altri soft; a volte variano e dipendono anche da chi ho davanti e accetto che alcune persone li superino; voi mi chiederete: perché?


Perché mi fido, non è una concessione ne un favore, lascio fare, perché mi sento di farlo mi sento serena. I limiti che ho derivano da svariate esperienze passate, dai miei gusti, disponibilitá, necessitá e salute mentale.

Ci sono persone, con cui mi relaziono da tempo, di cui mi fido, mi fido molto, so come si comportano in svariati contesti, so come si pongono, so che mandarsi a fanculo nei conflitti lo possiamo fare perché è liberatorio e spesso è anche sano, al contrario di ció che spesso si dice in giro; so che il disaccordo non sará un casino, perché essere d'accordo su tutto è anche noioso a lungo andare.


In passato non avevo problemi ad accettare che girassero infinite voci in certi ambiti, che etichettassero la qualunque persona come "abuser e/o da evitare", (ribadisco che stiamo parlando di zone grigie relazionali, situazioni dove ci si accusa a vicenda), ora invece non lo accetto piú; il problema è che non lo trovo costruttivo neanche a livello di crescita personale, perché ho imparato che esistono persone si abusanti, diciamo in modo "maligno", ma esistono anche persone che si comportano di merda pur non avendone l'intenzionalitá o la consapevolezza.

In passato, anche io ho avuto atteggiamenti del cazzo, mi è capitato di affrontare conflitti come se dovessi vincerli a tutti i costi, o mi è capitato di avere blocchi comunicativi che minavano il conflitto o non avevo abbastanza strumenti per affrontare un conflitto.


Mi relazionavo con una persona che durante il nostro primo rapporto sessuale, nonostante mi fossi lanciata sul letto con le mani sugli occhi dicendo "Sono stanchissima, voglio dormire, credo di avere un sovraccarico sensoriale in sottofondo" ha pensato bene di denudarsi perché voleva scopare lo stesso. Durante il rapporto sessuale siccome io ero esausta e stavo sudando parecchio, oltre a non vederci al buio (perché quando è buio pesto non ci vedo) ho smesso di fare sesso.

L'unica cosa che questa persona mi ha detto "ti ricordo che tu hai avuto un orgasmo mentre io no, sia chiaro, ecco, visto che hai smesso".

Io semplicemente ho risposto "guarda, come ti avevo già detto, sono stanchissima. Se proprio vuoi scopiamo domani".

È la stessa persona che ha superato svariati miei limiti esplicitati, ma non non mi interessa andare nei dettagli, perché il punto è un altro:


Moltx mi diranno "è un abuser".


Per me no, e non mi interessa neanche accusarlx di abuso, perché una persona che vive il sesso come una performance, senza apprezzare le svariate sfumature del sesso e senza capire che l'orgasmo non è l'evento principale nel sesso, o che non capisce che le effusioni non portano sempre all'atto sessuale, è una persona, per me, non consapevole.


Non credo che in una societá dove tuttx introiettiamo il patriarcato capitalista suprematista bianco, il consenso assoluto sia mai veramente possibile. 


Ciò per cui possiamo quindi lottare è "fare del male il meno possibile" (inclusx a noi stessx) e assumerci la responsabilità quando danneggiamo le persone, specie assumerci la responsabilitá quando una persona comunica "questo tuo atteggiamento mi è lesivo, troviamo una soluzione".


La nostra cultura è piuttosto oppressiva, dal complesso industriale della prigione, la nostra ossessione per la punizione, al fast fashion e alla tecnologia usa e getta che sfocia nell'abuso della classe operaia. 


Il nostro consenso viene violato abbastanza spesso e spesso ci viene insegnato (in particolare sul posto di lavoro e nelle nostre relazioni sentimentali) che una certa quantità di violazione dei confini non è solo inevitabile, ma desiderabile per raggiungere i nostri obiettivi.


So che suona davvero orribile e spaventosa, e lo è stato per un po', se devo essere onestx. 

Ma c'era anche un senso di speranza in quella consapevolezza per me, che la nostra società così costruita era intrinsecamente abusante, ma riconoscere ciò significava anche scegliere di lottare per qualcosa che non lo era. Per me, questo significa accettare a livello istintivo che farò delle merdate, che le persone che amo faranno delle merdate, che i miei confini saranno violati consciamente e inconsciamente e quello che faccio con queste informazioni, per aiutarmi a stare al sicuro, è accettare che sia una cosa in continua evoluzione. La non accettazione di questo credo che sfoci in drammi ed etichette "abuser" che volano su la qualunque, è anche vero che la non accettazione è il miglior modo per non prendere responsabilitá delle proprie azioni.


C'è stato un periodo di tempo in cui ho evitato le persone come metodo per proteggermi. Durante quel periodo, ho fatto un sacco di esplorazione, letto libri e articoli, specie ho riflettuto su quelli che erano i miei confini rigidi, cose che non dovrebbero essere superate per farmi sentire al sicuro e quali erano i confini morbidi, cose che mi mettono a disagio ma che comunque accetto, e quali quelli medi, cose che mi causano allerta ma che discutendone potrei accettare.

Ora, mi sento bene con le persone che ho intorno e che frequento, perché posso parlare liberamente di come mi sento anche quando è una cosa piccola o anche grande, e loro si fidano abbastanza di me per fare lo stesso senza tragedie. Modello il comportamento che voglio vedere e mi circondo di persone che rispecchiano quel senso di compassione e cura. È importante poter dialogare e affrontare le cose assieme e sapere che, posso permettermi di confrontarmi con le persone senza che finisca in guerra o senza che la persona si offenda nel sentirsi dire "questo tuo atteggiamento mi è lesivo". Generalmente peró, le persone si offendono proprio perché si ha la convinzione di non poter far male ad altrx, specie se quel malessere non è visibile ad occhio nudo o non si hanno reazioni visibili; calpestare un piede rotto è brutto, calpestare limiti, funzionamento, salute mentale, sensibilitá di una persona invece è indifferente perché tanto non è visibile.


Ironizzo spesso sui miei disagi, lo trovo utile per alleggerire il discorso e affrontarlo senza drammi. Ho ascoltato confessioni di la qualunque insicurezza, disagi, dolori e malesseri, non ho avuto paura ad affrontare certi discorsi ne tantomeno ho mai pensato che la persona in questione fosse brutta e cattiva per questo, siamo umani, parliamone poi vediamo come uscirne e risolvere; mi terrorizzano, invece, quelle persone che credono di sapere al posto tuo perché provi certe cose e che le usano per stigmatizzarti, fuggendo e con la convinzione di non aver alcun atteggiamento del cazzo.


Mi è capitato di confidarmi con le persone a cui voglio bene e di cui mi fido, e in merito alla persona sopra citata mi fu consigliato "allontanati da questa persona, perché non è salutare quello che fa" . Ed è vero, la distanza era la scelta più salutare. Ma non era perché questa persona fosse intrinsecamente cattiva. Era perché questa persona stava scegliendo di continuare ad attuare comportamenti, per me, lesivi, invece di scegliere una comunicazione sana ed un confronto dove le persone si esprimono, senza passivo-aggressività, non detti, silenzi, sovradeterminazione, negazione dell'evidenza, stigmi, o l'ideologia del voler vincere il confronto a tutti i costi. 


Ispiratx da esperienze personali, dall'articolo sotto, ribadiamo, nuovamente, che stiamo parlando di zone grigie relazionali, situazioni di mala gestione del conflitto, disaccordi, e situazioni in cui, come spesso accade, ci si accusa a vicenda.


https://medium.com/consent-culture-a-conversation/a-meditation-on-abusers-vs-abusive-behaviors-197037467fe

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