L'intersezione fra neurodiversitá e PTSD (disturbo post traumatico da stress): perché non ne si parla?

 L'intersezione fra neurodiversitá e PTSD (disturbo post traumatico da stress): perché non ne si parla?






Il PTSD é un disturbo che generalmente puó manifestarsi dopo uno o piú eventi traumatici. Le persone neurodiverse possono essere piú soggette a PTSD in quanto spesso possono essere oggetto di bullismo o abusi proprio per la loro diversità, o spesso non ci vengono forniti strumenti su come autonomamente riconoscere situazioni d'abuso.


La mia personale riflessione, forse per alcunx un po' naive, é che forse una delle cose che rendono più difficile il superamento della sindrome da stress post-traumatico (PTSD) è proprio la rinuncia alla responsabilità. Non necessariamente per un morboso bisogno di potere, o d'illusione di potere, ma per via di ciò che implica quella rinuncia. È una presa d'atto di qualcosa di orribile, ovvero del fatto che la sensazione di sicurezza provata fino a quel momento era illusoria. La consapevolezza improvvisa che la nostra incolumità dipende tutto sommato anche dalla benevolenza di chi è più forte di noi. Nati e cresciuti in una società (più o meno) civile, siamo abituati a sentirci tutelati dalle leggi, dalla presunta evoluzione della specie umana, dal tacito patto di non belligeranza che si suppone ci leghi gli uni agli altri per permetterci di essere l'aristotelico animale sociale, lontano dallo spauracchio dell'homo homini lupus. E invece, all'improvviso, basta un atto arbitrario per schiaffarci in faccia la legge del più forte e ricordarci che non è mai venuta meno, ma ha sempre solo cambiato forme. Ci si sveglia da un sogno per ritrovarsi in un incubo, quello in cui non ci si sentirà mai più del tutto al sicuro.


Ricevere la diagnosi di PTSD e autismo, mi ha fatto realizzare una cosa: mascheravo tutto, non solo i miei tratti autistici, ma anche gli stati d'animo che ho provato dopo eventi traumatici.


Ho imparato bene a distinguere un trigger; si uso la parola TRIGGER, tanto socialmente adoperata, ma tecnicamente é riferibile solo ad un PTSD o eventualmente a quando sperimenti un meltdown o shutdown autistico o qualcosa relativo alla salute mentale, quale ansia o depressione etc.

Utilizzare trigger in altri contesti, come spesso avviene, é abbastanza offensivo.


Un trigger, per me, si manifesta cosí:


- il mio battito cardiaco cambia e aumenta

- respiro in modo diverso

- sudo ma ho freddo, tanto freddo

- provo angoscia e paura, che poi sfociano in rabbia

- ho flashback e ricordi che mi causano dolore, anche fisico

- piango

- pensieri intrusivi

- inizio a mangiare meno

- luci e rumori diventano piú intensi ed insopportabili

- inizio uno stato di ipervigilanza

- mi isolo, nel senso che solitamente mando messaggi vocali se non lo faccio è perché non riesco a parlare, inizio a stare da sola con me stessa ed inizio a pensare e razionalizzare.


La sensazione, poi, é che non capisco se é un falso allarme oppure un reale allarme, quindi sostanzialmente inizio a preoccuparmi e provo ansia, ma non é un ansia generica é angoscia, paura, terrore di riprovare ancora qualcosa che giá mi ha fatto molto male e che non voglio piú provare.

Per capire se é un falso o reale allarme ho bisogno di dati concreti, fatti, di analizzare cosa sta succedendo.

Solitamente, quando si presenta un trigger che puó essere causato da un atteggiamento, da metodi comunicativi, da frasi, odori, luci (non scrivo cosa specificatamente mi causa trigger, perché sono cose strettamente private che per mia protezione - esistono persone che usano i trigger per manipolarti o esercitare del gaslighting - non svelo ai quattro venti), ho necessitá di parlarne poi con la persona, ma anche quí non ho garanzie che il confronto non sarà poi arena di gaslighting, avverà del gaslighting? Questo non lo so, non posso prevederlo con certezza, ma indubbiamente tento sempre il confronto.


Esistono pochissime risorse in merito a "trauma informed relationships" ossia come relazionarsi quando si ha un PTSD.

Clementine Morrigan ha iniziato a parlarne in una piccola fanzine, ma non ne si parla; soprattutto, non si parla del dopo, di come vivi dopo, di come indubbiamente cambierá il modo in cui ti relazioni, la sessualitá, il tuo essere.


Nella mie esperienze, vi sono persone che hanno accolto la mia narrativa e l'hanno rispettata, rispettando me e i miei limiti, mentre ci sono state persone che rispondevano con "si ho capito" e alla prima occasione superavano i miei limiti come un elefante in una cristalleria.


A volte mi chiedo se le persone ascoltano davvero quando racconto le cose, peró mi chiedo anche come si faccia ad essere cosí "elefanti in una cristalleria".

Specifico che, uso "elefante in una cristalleria" non perché mi reputo una persona fragile (nella vita me la sono sempre cavata da sola e non mi reputo per niente fragile), ma perché quando spiego alle persone chi sono, come funziono e quali sono i miei limiti (ma soprattutto perché), quando poi le persone non badano e li superano, lo fanno con la stessa pesantezza con cui un elefante camminerebbe in una cristalleria spaccando tutto, e non mi sento fragile come un cristallo, ma schiacciata dal peso dell'elefante, vivendola quindi come un oppressione nonché mancanza di rispetto della mia persona.

Ho imparato a distinguere: esistono persone che superano i miei limiti senza cattive intenzioni e vi sono persone che li superano per egoismo, mancanza di sensibilità nonché cattiveria. Questa differenza la riconosco perché ho imparato ad ascoltare il mio corpo e le mie reazioni: specie nel secondo caso vivo il tutto come se fossi sotto assedio, esattamente come il cavallo di Troia, e quindi percepisco anche un senso di imbroglio a mio carico come se fossi stata in qualche modo raggirata.


Indubbiamente vivo le relazioni in modo differente: in età adulta ho subito un trauma abbastanza significativo a 19 anni che ho superato negli anni; ho subito degli eventi traumatici a 28 anni (2 anni fa), per i quali ho perso 10kg. Non sono quí per raccontare cosa é successo, non mi sto censurando, voglio parlare di come vivo dopo i traumi, perché questa é la narrativa che mi interessa.


Cosa é cambiato nel tuo relazionarti?


Ho paura a lasciarmi andare con le persone e ho oggettivamente paura di essere presa in giro o usata in qualsiasi modo, specie perché le persone spesso e volentieri non usano un linguaggio esplicito, diretto e chiaro, ed invece é proprio quello di cui ho bisogno e che chiedo, nonché parte dei miei limiti.

Non ho problemi con conflitti o confronti, ma ho paura che durante un conflitto o confronto le persone neghino l'evidenza dei fatti anche davanti a prove e fatti sostanziali, utilizzando il mio PTSD o i miei trigger contro di me (quest'azione si chiama gaslighting) e sminuendo tutto, negando o sottraendosi da ogni responsabilitá.


Quando si instaura un rapporto di compagnx di merende (che per me rientra nella condivisione di interessi di qualsiasi tipo, al ridere e scherzare assieme, a stronzate di vario genere fatte assieme), magari avrei voglia di contatto fisico con loro o anche di rapporti sessuali, ma per svariato tempo ho evitato, non uscendo dalla mia comfort zone proprio per paura. Ho passato svariato tempo a evitare le persone con cui avrei voluto quel tipo di interazione e tenermi questa voglia per me, fare sogni la notte senza disturbare nessunx, tanto cosí era anche piú sicuro, non rischiavo nulla. Mantenevo un profilo basso, non lasciavo trapelare nulla, evitavo. Era un meccanismo difensivo, volto a tutelare me stessa, per il terrore di stare male o perdere altri kg. 

In questi ultimi due anni, infatti, non posso dire di aver avuto rapporti sessuali o fisici se non con una persona che conosco da anni e quando ho tentato di averne con "una persona nuova" (sono non-monogama), ho realizzato che non aveva capito nulla di ció che avevo spiegato e narrato, rientrando cosí nella categoria "elefante in una cristalleria".

A volte mi chiedo cosa vi sia di cosí difficile da capire, se, per esempio, una persona dovesse dire "non mi saltare sul piede perché mi fa male" é chiaro che saltare sul piede una volta puó essere sbadatezza, ma farlo piú volte significa proprio non porre attenzione ai limiti della persona.


Parlo con le persone di ció che ho vissuto, perché credo fortemente nella condivisione. La trovo utile e costruttiva. Non chiedo ne voglio alcun tipo di aiuto perché mi gestistico da sola e so farlo benissimo, quello che chiedo é il rispetto dei miei limiti, limiti che sicuramente derivano dal mio trascorso, dai traumi, ma che servono a me per vivere bene e mantenere un livello di salute mentale decente. Sono, per altro, limiti che ho identificato nel tempo lavorandoci sopra e che mi hanno dato molta consapevolezza.

Rispettare i miei limiti significa che la persona mi rispetta e considera, se la persona non lo fa é come se stessi vivendo un oppressione o fossi schiacciata.



E la sessualitá, é cambiata?


In qualche modo si. Ho molta necessitá di dormire assieme nello stesso letto ad una persona prima di capire se posso fidarmi, prima di eventualmente averci un rapporto sessuale.

Se dormo é OK..se non riesco a dormire non ci siamo, é NO. 

La mia libido non é cambiata, ho semplicemente avuto piú consapevolezza di chi sono e come funziono.


Perché é no? 


Il ciclo del sonno é una cosa che spesso viene sballata dal PTSD, con flashback, brutti sogni o incubi, a volte ammetto che ho avuto paura ad addormentarmi e non posso permettermi di condividere un letto o avere rapporti sessuali con una persona che mi trasmette sensazioni negative o ha atteggiamenti che sono lesivi per la mia salute mentale.

Sembrerà una banalità per moltx, ma dormire assieme ad una persona é una cosa molto significativa, per me: quando mi addormento, non sono oggettivamente vigile ne cosciente, riuscire a lasciare serenamente il mio corpo privo di difese di fianco ad un altra persona per me é una cosa molto importante. 


Perché non si parla di PTSD?


Credo non ne si parli perché vi sono tanti stigmi, come succede per l'ansia o depressione o altro.

Si ha indubbiamente la paura di risultare pesanti agli occhi delle persone, ma assicuro che spesso le persone non hanno la ben che minima idea di cosa sia un trigger o di quanto possa fare male, e rischio comunque che il mio sentire venga sminuito.

Io stessa a settembre ho provato svariati trigger dopo che una persona mi ha aggredito fisicamente in modo lieve; per giorni ho provato terrore, ma come al solito mi sono gestita da sola perché so come gestirmi ed ammetto che non ho avvisato le persone dicendo "sto male, sto male", mi ritiro in uno stato di semi-solitudine e mi gestisco, purtroppo la paura di risultare pesante o spesso le persone credono che tu possa esssere un accollo, quindi evito.


Parlando proprio di accollo, molte persone al giorno d'oggi usano la parola accollo per qualsiasi cosa, ma io vorrei porvi una domanda: "quante volte qualcunx vi ha mai chiesto risolvi i miei problemi per me?"


Io credo che nella maggior parte dei casi chi ha un PTSD o anche persone neurodiverse come me, spesso con diagnosi tardive in età adulta, siamo tutte persone che all'età adulta ci siamo arrivate da sole e non abbiamo bisogno di accollarci perché sappiamo gestirci, piú che altro abbiamo bisogno di essere ascoltatx e rispettatx.






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